lunedì 29 novembre 2010

Trainspotting


The ground is a lasting legacy to my work here, and perhaps they might name some part of the ground after me when I'm dead and gone, but I'd be too embarrassed if they did it while I'm still around

Dario Gradi (manager del Crewe Alexandra e filosofo dell’eterno ritorno)


Tutti i treni portano a Crewe, dicono in Inghilterra fin dall’età della pietra.. Secondo recenti studi archeo-astronomici, alcune iscrizioni rupestri ritrovate sui megaliti di Stonehenge raffiguranti cerchi e coppe, altro non sono che auspici rappresentanti lo snodo ferroviario di Crewe.. In epoca moderna la profezia si realizza, e nel 1837 viene aperta la Crewe Railway Station, dotata di un albergo, il Crewe Arms Hotel, costruito l’anno dopo ed ancora funzionante.. In cima ad una dolce collinetta, l’hotel è un decoroso tre stelle affacciato sui binari della stazione che, al riparo di solidi mattoni, offre al viandante una delle sue 61 stanze, con bagno e tutti le comodità del caso, a partire da 35 sterline a notte.. Nel passato.. la stazione serviva un piccolo villaggio di 70 abitanti disperso nella campagna del Chesire, e l’albergo una nutrita schiera di commessi viaggiatori e lavoratori delle ferrovie.. Nel presente.. la Crewe Railway Station è uno degli snodi ferroviari più importanti del paese, che collega la capitale, la costa occidentale, la cintura metropolitana di Manchester ed il nordovest dell’isola, Scozia compresa.. e l’albergo, che ha perso la sua funzione ed utilità, rimane lì a ricordarci.. secondo gli insegnamenti taoisti.. che il presente è eterno e che la fine, anche se può manifestarsi all’improvviso ed in ogni momento, potrebbe anche non arrivare mai..


Simbolo di Crewe, dei suoi treni, e del suo eterno presente, è Dario Gradi: manager demiurgo del Crewe Alexandra, la locale squadra di calcio.. Nell’anno domini 2007, l’anno eliofisico internazionale, accade però un fatto che rischia di influire sull’equilibrio dei pianeti come lo conosciamo noi: dopo aver allenato il Crewe Alexandra per 24 anni consecutivi (sul pianeta Crewe il mondo ebbe inizio nel 1983) Dario Gradi prende la decisione di finirla con la panchina e di dedicarsi esclusivamente al ruolo di direttore tecnico del club.. Ed in un’intervista al Times dichiara: “Non voglio arrivare a 75 anni e dovere ancora lavorare sette giorni alla settimana, cinquantadue settimane l’anno.. altrimenti un giorno potrei morire di schianto in panchina.. Occupare solo il ruolo di direttore tecnico è il modo migliore per riuscire gradualmente a lavorare sempre meno..” La prima mossa di Gradi come direttore tecnico è di assumere Steve Holland come allenatore per la stagione 2007-08, la seconda è di licenziarlo nel novembre della stagione successiva.. per ritornare nel luogo e nel tempo dove era sempre rimasto e da cui mai se ne era andato.. per impedire che l’universo ed il suo moto perpetuo ne risentano..


Troppo difficile abbandonare la sua creatura.. una squadra raccolta nei bassifondi della quarta serie, ad un passo dal precipitare in una delle mille e più divisioni semi-amatoriali che infuocano le domeniche pomeriggio del paese, e portata lassù in cima.. Così in alto che nel 1997 il Crewe Alexandra raggiunge la Division One, la seconda serie dei campionati inglesi.. dove giocano Manchester City, Nottingham Forest, Stoke City, Middlesbrough.. squadre che hanno sollevato coppe e vinto scudetti.. squadre i cui tifosi pronti alle trasferte eccedono all’ennesima potenza i settemila posti a sedere dello splendido stadio di Gresty Road.. squadre che puntualmente devono fare i conti con l’agguerrito manipolo di guerriglieri al soldo di Dario Gradi e spesso non riescono a sconfiggerlo.. Così in alto che, al solo pensarci, agli abitanti del piccolo paese di Crewe (che da villaggio di 70 abitanti nel giorno della costruzione della ferrovia si è nel frattempo trasformato in un comune da quasi 60 mila abitanti..) vengono le vertigini.. Per fortuna che a proteggerli dalle vertigini del successo e dall’approssimarsi del nulla (tangibile come non mai dalle inospitali vette del supremo Nagorno Karabakh) c’era e ci sarà sempre il trainspotting..


Passatempo britannico di impronta vittoriana che consiste nel sedersi confortevolmente da qualche parte.. sulle banchine delle stazioni, sulla staccionata della strada che dalla stazione porta al villaggio, sulla poltrona di vimini sotto la tettoia del patio posto sul retro della casa (se correttamente posizionato con vista rotaie secondo il feng shui), su pratiche sedie pieghevoli (comode da portarsi appresso), sui sedili della macchina accostata in prossimità dei passaggi a livello.. ed osservare il passare dei treni nell’immobilità ciclica dell’eterno ritorno.. Un rito iniziatico e psicotropo volto alla conoscenza suprema, ma assolutamente gratuito e non generante profitto, e quindi condannato come immorale dal potere e dal recente film filocapitalista Trainspotting.. pellicola nella quale non solo non si vedono passare treni, ma al trainspotting si preferisce l’eroina: per la quantità di soldi che genera il suo commercio e l’alienazione molecolare che genera il suo consumo..


Il Crewe Alexandra resiste in Division One fino al 2002, poi sarà un saliscendi fino al 2006, l’anno che precede il possibile disastro.. Nella stagione 2004-05 per esempio, il Crewe riesce a salvarsi solo all’ultima giornata grazie al 2-1 sul Coventry City e nonostante un girone di ritorno in cui, fino a quell’ultimo match, non erano riusciti a vincere nessuna partita.. Perché a gennaio Dario Gradi ha deciso di vendere al Norwich per la cifra record di 3M il giovane centravanti Dean Ashton.. Perché una delle caratteristiche di Dario Gradi.. nato a Milano in piena Seconda Guerra Mondiale da padre italiano e madre inglese, e trasferitosi a Londra orfano di padre al termine del conflitto, è quella di avere fatto partire dalla piccola stazione di Crewe, con destinazione l’universo spaziale del calcio internazionale, locomotive interplanetarie del calibro di David Platt, Geoff Thomas, Danny Murphy, Robbie Savage, Dean Ashton e Neil Lennon, attuale manager dei Celtic.. Partiti dal buco del culo del Chesire ed arrivati a festeggiare coppe e scudetti.. o come Platt addirittura a vestire la fascia di capitano della nazionale.. grazie alla sapiente abilità di modellazione della materia grezza dello scultore di Crewe..


Questa artigiana capacità di forgiare atleti, Dario Gradi l’apprende negli anni in cui insegna educazione fisica nelle scuole di Londra.. prima che il calcio lo chiami a sé.. nel ruolo di coach (leggi responsabile degli allenamenti) al Chelsea nel 1971.. Da lì le esperienze al Sutton United, al Derby County ed al Wimbledon, prima di diventare allenatore delle giovanili al mitico Leyton Orient e poi manager al Wimbledon.. che al primo anno, nel 1979, guida ad una gloriosa promozione in quarta divisione.. In piena corsa per una nuova promozione, Dario Gradi due anni dopo viene chiamato alla guida del Crystal Palace in First Division.. A Sellhurst Park le cose non vanno bene, la retrocessione è immediata.. Dario Gradi si dimette quindi nel novembre dell’anno successivo, deciso a rimanere inattivo a tempo indeterminato e pronto a riconsiderare la sua carriera come manager.. finché.. dopo una vita lavorativa passata all’interno della cintura magnetica della M25, decide di allontanarsi dalla capitale e di accettare la panchina del Crewe Alexandra.. E’ l’inizio della leggenda.. Nell’anno domini 2004, durante quella spericolata stagione in cui riescono a salvarsi solo per il rotto della cuffia all’ultima giornata.. il suo nome viene inserito nella English Football Hall of Fame.. E’ Sir Bobby Robson ad accoglierlo nell’Olimpo dei più grandi per la sua dedizione al calcio.. “dalla parte sbagliata della storia..”


E l’eterno ritorno ci riporta all’anno domini 2007, l’anno eliofisico internazionale, la sua decisone di abbandonare la panchina, per poi ritornarci un anno o un attimo dopo.. Adesso è il 2008, il Crewe Alexandra è in First Division e Dario Gradi, dopo avere riassunto la guida tecnica della squadra in seguito alla breve parentesi di Steve Holland, decide di abdicare nuovamente e chiama in panchina Gudjon Thordarson.. ma anche l’esperienza dell’islandese, condita da una retrocessione in Second Division, dura meno di un anno.. E siamo di nuovo a novembre.. il mese in cui in una notte sola maturano repentinamente le pere butirro.. il mese che continua a ritornare ciclicamente nella biografia di Dario Gradi (che di quelle pere è assai goloso..) E’ il 2 novembre del 2009.. e con la squadra nei bassifondi dell’ultima serie, dove la parte sbagliata della storia confina con l’oblio, Dario Gradi decide di tornare in panchina del Crewe Alexandra.. Dove siede ancora oggi, con la squadra che ha appena vinto 2-1 alla Globe Arena di Morecambe ed è ottimamente posizionata per i playoff.. Perché guardare passare i treni, come sanno benissimo gli abitanti di Crewe, è arte contemplativa non alienante che permette di percepire, nell’eterno ritorno del movimento assoluto, al di là dello spazio e del tempo, l’essenza dell’evento.. la profonda gioia dell’immanenza.. Per lo stesso motivo.. perché il tempo non è lineare ma circolare, assoluto e contingente allo stesso tempo.. il tecnico del Crewe Alessandra è, è stato e sarà, in ordine sparso, sempre e solo Dario Gradi.. l’eterno presente del trainspotting..

mercoledì 24 novembre 2010

The Damned Alone


C'è un solo viaggio possibile, quello che facciamo nel nostro mondo interiore..

Andrei Tarkovsky

Nel bellissimo noir metafisico The Damned United l’immenso Brian Clough è raccontato come un uomo solo, dilaniato dai fantasmi del passato e dalle angosce del presente.. Intrappolato negli interminabili e labirintici tunnel dello stadio di Elland Road, tagliato diagonalmente in due tra la nera ombra del cemento e l’abbagliante luce del campo di gioco, Clough è in preda al rimorso.. di essersi dimesso dal Derby County.. di aver litigato con il suo fidato assistente Peter Taylor.. e di averlo abbandonato, una mattina di luglio di pochi mesi prima, passeggiando sul fetido lungomare di Brighton.. dopo essersi urlati dietro di tutto.. oppressi da un pallido sole che non può donare vita.. perché sulla sponda settentrionale della Manica il sole non è una divinità pagana né un pianeta infuocato, ma solo uno sbiadito riflesso della ruota panoramica del vicino luna park..

Nel tarkovskyano noir ermetico in onda in questi giorni a Cobham, il pacioso Carletto Ancelotti è filmato come un uomo solo, oppresso dalle vessazioni del passato e dalla noia del presente.. Chiuso nel suo luminoso ufficio con le vetrate che sovrastano il campo di allenamento del centro tecnico del Chelsea, le braccia premute contro i braccioli della poltrona di pelle, gli occhi sbarrati verso l’orizzonte, il sopracciglio che si erge oltre la linea del cuoio capelluto cercando una fuga impossibile, il pacchetto di Camel Light semivuoto sulla scrivania, Ancelotti è in preda al rimorso.. di non essersi dimesso dal Chelsea.. di non aver litigato con il suo fidato assistente Ray Wilkins.. e di non essere stato capace di trattenerlo, una mattina di novembre di pochi giorni prima, seduto sulla panchina della squadra riserve.. dopo avere abbassato la testa in silenzio.. immobilizzato da un vento gelido che non può donare la vita.. perché nelle campagne ad ovest di Londra il vento non è una divinità pagana né una massa d’aria in movimento, solo una flebile nuvola di fumo tossico proveniente dalla vicina fabbrica..


Senza soluzione di continuità si susseguono fotogrammi ed impressioni.. In alcune appare un Ancelotti bambino, felice al tempo del raccolto contadino.. e poi triste quando il padrone di bianco vestito passa a ritirare la metà della sua fatica, senza degnarlo nemmeno di uno sguardo.. In altre si vede un Ancelotti uomo, estatico che solleva la Coppa con le Grandi Orecchie.. ed poi abbattuto quando il padrone di grigio vestito esibisce gli schemi che avrebbero portato alla vittoria di quella Coppa, senza degnarsi nemmeno di ringraziarlo.. Queste immagini sono inframmezzate da precisi resoconti documentaristi, filmati delle telecamere a circuito chiuso, deposizioni rese in tribunale sotto giuramento.. che raccontano di come nel marzo dell’anno scorso subito dopo la sconfitta in Champions contro la nemesi portoghese che ancora aleggia in ogni stanza del comprensorio di Cobham (così come Brian Clough era costretto a confrontarsi quotidianamente ad Ellan Road con il fantasma di Don Revie..) Ancelotti avesse dovuto, per la prima volta come ogni altra volta, abbassare lo sguardo davanti alla sfuriata del suo nuovo padrone.. un russo di specchiata immoralità e dalla fumosa biografia..

In estate poi, fu solo grazie ad una vittoria storica quanto meritata.. una doppietta Premier ed FA Cup che non era riuscita nemmeno a quello spettro lusitano che non lo faceva dormire la notte.. che Carletto riuscì ad evitare il redde rationem con la sporca dozzina russa.. Perché oltre al padrone di casa.. affittuario di quella spoglia stanza del Surrey dove Carletto studiava come un matto come fare coesistere Drogba ed Anelka, come trovare una posizione in campo all’inutile Frankie Fattty Lampard, come evitare che John Terry spaventasse a morte ogni recluta che timidamente stesse avvicinandosi in prima squadra.. la claque dei bravi ragazzi sovietici si compone di vari mestieranti del crimine (finanziario o di strada, che con l’uno si tengono in allenamento per l’altro..) tutti concordi nel volere fare fuori il pacioso emiliano..


A fine agosto il corpo della spia britannica Gareth Williams viene trovato in avanzato stato di decomposizione, rinchiuso in una sacca rossa nella vasca da bagno del suo appartamento di Alderney Street.. il palazzo è usato come casa sicura dal MI6, la cui sede si erge imponente e invisibile a meno di un chilometro di distanza, al di là del ponte di Vauxhall ed è di proprietà di una società di nome New Rodina.. Rodina è il nome russo per madrepatria.. ma il Chelsea è partito benissimo in campionato ed allora nessuno se ne cura.. A novembre però.. probabilmente per un errato ed eccessivo carico di lavoro, imposto in vista di un dicembre terribile con scontri diretti contro Manchester, Tottenham ed Arsenal.. il Chelsea si pianta sulle gambe e perde 2-0 a Liverpool.. Il lunedì mattina una teoria di Bentley dai finestrini oscurati fa il suo ingresso dai cancelli di Cobham, ne scende un gruppo di energumeni tra cui è difficile distinguere chi sia la guardia del corpo e chi l’uomo d’affari, che con aria minacciosa si dirige verso quella stanza dalle ampie vetrate sulla cui porta la targhetta d’ottone ricorda essere l’ufficio di Ancelotti.. Nessuno vedrà né sentirà nulla.. Tutti concordano però che non si sia consumato champagne..

Passano tre giorni.. i Blues hanno vinto il giorno prima il derby con Fulham e sono ancora primi in classifica con un buon margine sulle inseguitrici.. Carletto e Ray Wilkins sono a Cobham, siedono in panchina ad osservare i ragazzini in una partita della squadra riserve, finisce il primo tempo.. il magazziniere avvisa Ray che c’è qualcuno all’ingresso che chiede di lui.. Comincia il secondo tempo.. Ancelotti è seduto solo sulla panchina, in silenzio, con la testa tra le mani.. di fianco a lui non c’è l’amico Ray che, lui lo sa.. non ritornerà mai più.. La domenica il Chelsea perde 3-0 in casa con il Sunderland, la sconfitta casalinga più pesante da quando il club è cosa russa.. In settimana il dejà vu.. una teoria di Bentley dai finestrini oscurati fa il suo ingresso dai cancelli di Cobham.. Questa volta però dal corteo di automobili scende un uomo solo, sembra Tricky ripulito dall’estetista, è Michael Emenalo, ex nazionale nigeriano, fino ad allora capo osservatori delle squadre avversarie del Chelsea e da quel giorno nuovo assistente di Ancelotti.. Carletto è in ufficio.. lo fa entrare, lo guarda per pochi secondi negli occhi senza pronunciare una parola e poi, sempre in silenzio, abbassa lentamente la testa.. Una dissolvenza s’impone.. su Carletto bambino contadino che consegna il raccolto al padrone.. su Carletto adulto che osserva in televisione il padrone arrogarsi il merito del suo lavoro.. sempre in silenzio, sempre chinando lentamente il capo..


Chiuso nel suo luminoso ufficio di Cobham.. con le vetrate che sovrastano il campo di allenamento del Chelsea, le braccia premute contro i braccioli della poltrona di pelle, gli occhi sbarrati verso l’orizzonte, il sopracciglio che si erge oltre la linea del cuoio capelluto cercando una fuga impossibile, il pacchetto di Camel Light semivuoto sulla scrivania, Ancelotti è in preda al rimorso.. di non essersi dimesso dal Chelsea.. di non aver litigato con il suo fidato assistente Ray Wilkins.. Improvvisamente la porta si apre.. è la nemesi che si materializza davanti a lui.. Ancelotti rimane impietrito davanti alla vista di quel portoghese con il ciuffo brizzolato un po’ bohemienne, che con calma si siede davanti a lui e comincia a raccontargli una storia.. Narra di come lui sia arrivato a Londra, alla casa russa di Cobham, ed abbia vinto tutto, eseguendo alla perfezione il compito impossibile che gli era stato affidato.. di come dopo due anni, d’improvviso un’estate, il padrone russo avesse inserito nei quadri societari del club, con il ruolo di direttore tecnico, un israeliano dall’oscuro passato di nome Avram Grant.. di come da quel giorno ogni mezza parola, ogni sussurro, ogni spiffero fosse giunto alle orecchie del padrone.. di come ogni suo gesto, ogni suo movimento fosse osservato e riportato su un quadernetto nero che la mattina faceva capolino sulla scrivania del padrone.. di come la sua vita fosse stata resa impossibile.. di come pochi mesi dopo fosse stato licenziato in tronco e quello strano personaggio avesse occupato il suo posto sulla panchina del Chelsea..

A questo punto la nemesi portoghese si alza e si dirige verso la porta e, con la mano ancora sulla maniglia, quasi senza voltarsi, gli sussurra.. Quell’Emenalo lì lo ha portato l’israeliano come capo degli osservatori, è un suo uomo.. è uno di loro.. Poi esce.. Carletto rimane immobile per qualche minuto, o forse per diverse ore, nessuno può dirlo con certezza.. Poi, improvvisamente, si scuote.. esce dalla trance.. abbassa il sopracciglio.. Allontanando con un brusco gesto da davanti agli occhi i fotogrammi e le impressioni che lo vedevano abbassare la testa in silenzio.. ogni volta come sempre nella sua vita.. infila la mano nel cassetto della sua scrivania.. Ed impugnando saldamente la Makarov 9 millimetri, esce dal suo ufficio e si incammina lungo il corridoio.. determinato a non dovere ma più chinare silenziosamente il capo..

mercoledì 10 novembre 2010

Nel Nome Di Dio


Do what thou wilt shall be the whole of the Law

Aleister Crowley (plagiando François Rabelais)



Se sei nato nel Tyne and Wear e a soli 21 anni ti giudicano degno di portare sulle spalle della tua maglia a strisce bianconere del Newcastle il mitico e mistico numero 9.. allora la tua vita è segnata, e il paragone è inevitabile.. Se poi sei un colosso alto 1 metro e 90, con una corporatura forte e potente, con lo sguardo fiero dei guerrieri figli di Odino.. se colpisci il pallone di testa con la stessa potenza e precisione con cui i tuoi compagni la colpiscono col piede.. Se dopo avere segnato caterve di gol nelle giovanili segni il tuo primo gol da professionista a 17 anni in un’amichevole contro la Juventus, in porta un tale Gianluigi Buffon che nel dopopartita ti pronostica un grande futuro.. Se dopo sei mesi in prestito al Preston North End a 18 anni riesci a trovare posto in prima squadra, in un attacco che può contare su Owen, Viduka, Martins ed Ameobi.. Se nella tua prima partita giocata da titolare segni un gran gol di testa al West Ham a dieci minuti dalla fine che vale il pareggio.. Se l’anno dopo, con il Newcastle retrocesso in Championship, a 19 anni diventi definitivamente titolare.. inizi a segnare e non ti fermi più, diventando a fine anno capocannoniere della squadra che intanto ottiene la promozione..



Se l’anno dopo con il Newcastle tornato in Premier indossi finalmente la maglia numero 9.. se all’esordio casalingo alla seconda giornata segni una tripletta nel 6-0 all’Aston Villa.. Se in una prima trasferta a Londra prima ti ergi imponente in area tra due difensori avversari e di testa tocchi il pallone per l’accorrente Nolan che segna il gol del pari e poi nel secondo tempo su un cross dalla destra ti tuffi in diagonale per arrivare in quella zona aurea di impatto imminente dove il piede non ti avrebbe mai portato e sempre di testa segni il gol decisivo del 2-1 contro il West Ham.. Se in un successivo trip londinese segni il gol dell’1-0 all’Emirates contro l’Arsenal innanlzandoti con la testa in cielo là dove nemmeno le mani del portiere riescono ad arrivare.. Se la settimana prossima sarai convocato in nazionale perché tutta l’Inghilterra vede in te (con tipica conversazione e conservazione post postvittoriana) il classic number 9 centre forward che mancava da tempo.. il paragone è immediato.. Tu nel Newcastle e nella nazionale inglese giocherai col numero nove nel nome di dio.. nel nome di Alan Shearer.. il solare dio Apollo, la cui testa potente è simbolo di bellezza e razionalità..



Se sei nato a Gateshead.. periferia postindustriale di Newcastle il cui unico luogo di aggregazione rimane la figura maestosa ed alienante del centro commerciale.. una città dormitorio frutto dei deliri dell’architettura economica della modernità, un parassita di una cintura metropolitana dove il nulla è così concreto che ti preme sul petto facendoti mancare il respiro.. cuore caldo di quell'Inghilterra di brutti sporchi e cattivi che passa il tempo domandandosi se è il cielo grigio a specchiarsi nel grigio del fiume Tyne o viceversa.. e fai il calciatore, allora la tua vita è segnata, ed il paragone è inevitabile.. Se poi hai confessato agli amici che sei in grado di bere per 14 ore consecutive, e a loro conoscendoti non passa per la mente che tu stia dicendo stronzate.. Se ogni volta che esci di casa vai ad ubriacarti al pub e puntualmente le tue serate finiscono in rissa.. Se hai al tuo attivo diversi arresti per aggressione e per lesioni aggravate.. Se sei ancora sotto processo perché la corte non ha ancora deliberato sulla tua ultima bravata notturna, quando l’anno scorso hai spaccato il bicchiere in faccia ad un tizio durante una rissa.. e da un giorno all’altro rischi la galera..



Se nel frattempo l’ottobre scorso hai preso a schiaffi la tua ex ragazza, e dopo aver rivendicato in un'aula di tribunale la legittima difesa, al giudice che ti chiedeva le generalità hai dato come indirizzo permanete la stanza di un albergo.. e allora il tuo capitano Nolan si è assunto la tua custodia legale impegnandosi ad ospitarti a casa sua.. Se questo ha fatto in modo che la sua signora coi bambini se ne andasse da Newcastle finché tu fossi rimasto in quella casa.. Se per ringraziarla la settimana scorsa hai organizzato un’orgia a base di sesso e cocaina.. scopandoti due ragazze nel letto matrimoniale del tuo capitano.. se una era vestita da catwoman.. se gli altri compagni che erano a casa quella sera ti hanno sentito gridare come un ossesso per tutta la notte “alla grande.. cavalcami!cavalcami!” Se i tuoi tifosi ti adorano non solo per i gol che segni ma anche per le pizze che tiri.. come quando in allenamento hai spaccato la mascella al tuo compagno Steven Taylor perché aveva una mezza storia con la tua ex.. ed allora ti hanno dedicato un coro come “He shoots, he scores, he'll break ya facking jaw!” il paragone è immediato.. tu sarai sempre prigioniero degli inferi di Gateshead nel nome di dio.. nel nome di Paul Gascoigne.. l’oscuro dio Dioniso, il cui nettare inebriante è simbolo di fertilità e follia..



Se tu hai la capacità di evacuare lo spazio ed esondare il tempo e di essere tutto questo insieme.. Se gli dei hanno voluto fare di te Apollo, la rappresentazione del tipico centravanti di peso britannico che bombarda le porte dell’isola con colpi di testa incredibili.. Se il tuo corpo scultoreo e plastico è tale per i gol che segni e viceversa.. Se gli dei hanno deliberato che tu sia Dioniso, l’erede del più grande tra i maudits del calcio e che la pazzia ti accompagni per tutta la vita.. Se è la follia a donarti quel tuo immenso talento e viceversa.. Tu sei la sintesi suprema.. E tu solo puoi giocare a calcio nel nome multiplo di dio, mentre satiri danzanti nelle curve degli stadi si abbandoneranno in misteriosi riti senza tempo e a squarciagola canteranno il tuo nome.. Andy Carroll..



P.S. E il fatto che le iniziali A.C. corripsondano a quelle di Aleister Crowley, l’altro inglese che prima di lui trovò la sintesi tra Apollo e Dioniso, è pura coincidenza.. E il voler vedere nel centravanti del Newcastle una reincarnazione del mago di Leamington è pura follia..