mercoledì 24 novembre 2010

The Damned Alone


C'è un solo viaggio possibile, quello che facciamo nel nostro mondo interiore..

Andrei Tarkovsky

Nel bellissimo noir metafisico The Damned United l’immenso Brian Clough è raccontato come un uomo solo, dilaniato dai fantasmi del passato e dalle angosce del presente.. Intrappolato negli interminabili e labirintici tunnel dello stadio di Elland Road, tagliato diagonalmente in due tra la nera ombra del cemento e l’abbagliante luce del campo di gioco, Clough è in preda al rimorso.. di essersi dimesso dal Derby County.. di aver litigato con il suo fidato assistente Peter Taylor.. e di averlo abbandonato, una mattina di luglio di pochi mesi prima, passeggiando sul fetido lungomare di Brighton.. dopo essersi urlati dietro di tutto.. oppressi da un pallido sole che non può donare vita.. perché sulla sponda settentrionale della Manica il sole non è una divinità pagana né un pianeta infuocato, ma solo uno sbiadito riflesso della ruota panoramica del vicino luna park..

Nel tarkovskyano noir ermetico in onda in questi giorni a Cobham, il pacioso Carletto Ancelotti è filmato come un uomo solo, oppresso dalle vessazioni del passato e dalla noia del presente.. Chiuso nel suo luminoso ufficio con le vetrate che sovrastano il campo di allenamento del centro tecnico del Chelsea, le braccia premute contro i braccioli della poltrona di pelle, gli occhi sbarrati verso l’orizzonte, il sopracciglio che si erge oltre la linea del cuoio capelluto cercando una fuga impossibile, il pacchetto di Camel Light semivuoto sulla scrivania, Ancelotti è in preda al rimorso.. di non essersi dimesso dal Chelsea.. di non aver litigato con il suo fidato assistente Ray Wilkins.. e di non essere stato capace di trattenerlo, una mattina di novembre di pochi giorni prima, seduto sulla panchina della squadra riserve.. dopo avere abbassato la testa in silenzio.. immobilizzato da un vento gelido che non può donare la vita.. perché nelle campagne ad ovest di Londra il vento non è una divinità pagana né una massa d’aria in movimento, solo una flebile nuvola di fumo tossico proveniente dalla vicina fabbrica..


Senza soluzione di continuità si susseguono fotogrammi ed impressioni.. In alcune appare un Ancelotti bambino, felice al tempo del raccolto contadino.. e poi triste quando il padrone di bianco vestito passa a ritirare la metà della sua fatica, senza degnarlo nemmeno di uno sguardo.. In altre si vede un Ancelotti uomo, estatico che solleva la Coppa con le Grandi Orecchie.. ed poi abbattuto quando il padrone di grigio vestito esibisce gli schemi che avrebbero portato alla vittoria di quella Coppa, senza degnarsi nemmeno di ringraziarlo.. Queste immagini sono inframmezzate da precisi resoconti documentaristi, filmati delle telecamere a circuito chiuso, deposizioni rese in tribunale sotto giuramento.. che raccontano di come nel marzo dell’anno scorso subito dopo la sconfitta in Champions contro la nemesi portoghese che ancora aleggia in ogni stanza del comprensorio di Cobham (così come Brian Clough era costretto a confrontarsi quotidianamente ad Ellan Road con il fantasma di Don Revie..) Ancelotti avesse dovuto, per la prima volta come ogni altra volta, abbassare lo sguardo davanti alla sfuriata del suo nuovo padrone.. un russo di specchiata immoralità e dalla fumosa biografia..

In estate poi, fu solo grazie ad una vittoria storica quanto meritata.. una doppietta Premier ed FA Cup che non era riuscita nemmeno a quello spettro lusitano che non lo faceva dormire la notte.. che Carletto riuscì ad evitare il redde rationem con la sporca dozzina russa.. Perché oltre al padrone di casa.. affittuario di quella spoglia stanza del Surrey dove Carletto studiava come un matto come fare coesistere Drogba ed Anelka, come trovare una posizione in campo all’inutile Frankie Fattty Lampard, come evitare che John Terry spaventasse a morte ogni recluta che timidamente stesse avvicinandosi in prima squadra.. la claque dei bravi ragazzi sovietici si compone di vari mestieranti del crimine (finanziario o di strada, che con l’uno si tengono in allenamento per l’altro..) tutti concordi nel volere fare fuori il pacioso emiliano..


A fine agosto il corpo della spia britannica Gareth Williams viene trovato in avanzato stato di decomposizione, rinchiuso in una sacca rossa nella vasca da bagno del suo appartamento di Alderney Street.. il palazzo è usato come casa sicura dal MI6, la cui sede si erge imponente e invisibile a meno di un chilometro di distanza, al di là del ponte di Vauxhall ed è di proprietà di una società di nome New Rodina.. Rodina è il nome russo per madrepatria.. ma il Chelsea è partito benissimo in campionato ed allora nessuno se ne cura.. A novembre però.. probabilmente per un errato ed eccessivo carico di lavoro, imposto in vista di un dicembre terribile con scontri diretti contro Manchester, Tottenham ed Arsenal.. il Chelsea si pianta sulle gambe e perde 2-0 a Liverpool.. Il lunedì mattina una teoria di Bentley dai finestrini oscurati fa il suo ingresso dai cancelli di Cobham, ne scende un gruppo di energumeni tra cui è difficile distinguere chi sia la guardia del corpo e chi l’uomo d’affari, che con aria minacciosa si dirige verso quella stanza dalle ampie vetrate sulla cui porta la targhetta d’ottone ricorda essere l’ufficio di Ancelotti.. Nessuno vedrà né sentirà nulla.. Tutti concordano però che non si sia consumato champagne..

Passano tre giorni.. i Blues hanno vinto il giorno prima il derby con Fulham e sono ancora primi in classifica con un buon margine sulle inseguitrici.. Carletto e Ray Wilkins sono a Cobham, siedono in panchina ad osservare i ragazzini in una partita della squadra riserve, finisce il primo tempo.. il magazziniere avvisa Ray che c’è qualcuno all’ingresso che chiede di lui.. Comincia il secondo tempo.. Ancelotti è seduto solo sulla panchina, in silenzio, con la testa tra le mani.. di fianco a lui non c’è l’amico Ray che, lui lo sa.. non ritornerà mai più.. La domenica il Chelsea perde 3-0 in casa con il Sunderland, la sconfitta casalinga più pesante da quando il club è cosa russa.. In settimana il dejà vu.. una teoria di Bentley dai finestrini oscurati fa il suo ingresso dai cancelli di Cobham.. Questa volta però dal corteo di automobili scende un uomo solo, sembra Tricky ripulito dall’estetista, è Michael Emenalo, ex nazionale nigeriano, fino ad allora capo osservatori delle squadre avversarie del Chelsea e da quel giorno nuovo assistente di Ancelotti.. Carletto è in ufficio.. lo fa entrare, lo guarda per pochi secondi negli occhi senza pronunciare una parola e poi, sempre in silenzio, abbassa lentamente la testa.. Una dissolvenza s’impone.. su Carletto bambino contadino che consegna il raccolto al padrone.. su Carletto adulto che osserva in televisione il padrone arrogarsi il merito del suo lavoro.. sempre in silenzio, sempre chinando lentamente il capo..


Chiuso nel suo luminoso ufficio di Cobham.. con le vetrate che sovrastano il campo di allenamento del Chelsea, le braccia premute contro i braccioli della poltrona di pelle, gli occhi sbarrati verso l’orizzonte, il sopracciglio che si erge oltre la linea del cuoio capelluto cercando una fuga impossibile, il pacchetto di Camel Light semivuoto sulla scrivania, Ancelotti è in preda al rimorso.. di non essersi dimesso dal Chelsea.. di non aver litigato con il suo fidato assistente Ray Wilkins.. Improvvisamente la porta si apre.. è la nemesi che si materializza davanti a lui.. Ancelotti rimane impietrito davanti alla vista di quel portoghese con il ciuffo brizzolato un po’ bohemienne, che con calma si siede davanti a lui e comincia a raccontargli una storia.. Narra di come lui sia arrivato a Londra, alla casa russa di Cobham, ed abbia vinto tutto, eseguendo alla perfezione il compito impossibile che gli era stato affidato.. di come dopo due anni, d’improvviso un’estate, il padrone russo avesse inserito nei quadri societari del club, con il ruolo di direttore tecnico, un israeliano dall’oscuro passato di nome Avram Grant.. di come da quel giorno ogni mezza parola, ogni sussurro, ogni spiffero fosse giunto alle orecchie del padrone.. di come ogni suo gesto, ogni suo movimento fosse osservato e riportato su un quadernetto nero che la mattina faceva capolino sulla scrivania del padrone.. di come la sua vita fosse stata resa impossibile.. di come pochi mesi dopo fosse stato licenziato in tronco e quello strano personaggio avesse occupato il suo posto sulla panchina del Chelsea..

A questo punto la nemesi portoghese si alza e si dirige verso la porta e, con la mano ancora sulla maniglia, quasi senza voltarsi, gli sussurra.. Quell’Emenalo lì lo ha portato l’israeliano come capo degli osservatori, è un suo uomo.. è uno di loro.. Poi esce.. Carletto rimane immobile per qualche minuto, o forse per diverse ore, nessuno può dirlo con certezza.. Poi, improvvisamente, si scuote.. esce dalla trance.. abbassa il sopracciglio.. Allontanando con un brusco gesto da davanti agli occhi i fotogrammi e le impressioni che lo vedevano abbassare la testa in silenzio.. ogni volta come sempre nella sua vita.. infila la mano nel cassetto della sua scrivania.. Ed impugnando saldamente la Makarov 9 millimetri, esce dal suo ufficio e si incammina lungo il corridoio.. determinato a non dovere ma più chinare silenziosamente il capo..

1 commento:

el señor dionigi ha detto...

Bisogna vedere se con quella Makarov sparerà a qualcuno od invece a sè stesso, o se magari quella Makarov non sparerà proprio, si incepperà all'ultimo momento, perchè qualche zelante assistente nigeriano si è premurato di sistemarla...
Un racconto bellissimo zio, più che bellissimo da pelle d'oca, l'atmosfera che si deve respirare al Chelsea è proprio quella da thriller claustrofobico che descrivi tu, sospetti e spie, paure e segreti...altro che wikileaks...
Grazie davvero per questo piccolo (solo nella lunghezza) capolavoro.