sabato 8 gennaio 2011

Il Sogno di Un Intellettuale di Croydon, Volume I


Perché nel cervello d'un coglione il pensiero faccia un giro, bisogna che gli capitino un sacco di cose e di molto crudeli..

Louis Ferdinand Céline, Viaggio Al Termine della Notte, 1932


Quella mattina Roy, professore di educazione fisica con la tipica aria trasognante ed attonita dell’intellettuale di Croydon, si alzò dal letto come da molti anni a questa parte senza nemmeno bisogno di sentire la sveglia, si diresse alla finestra e scostate le improbabili tendine tartan gialle e marroncine guardò fuori.. e sul suo stanco viso si aprì un innocente sorriso.. Una lattiginosa alba aveva già lasciato spazio a un plumbeo e vacuo cielo mattutino invernale, e al di là dalla bruna corteccia dello spoglio ciliegio, oltre la siepe che delimitava il suo giardino, era possibile intravedere Croydon nella sua immensa bruttezza.. Fatta la toilette ed osservato allo specchio quel suo viso cadente che nulla aveva a che fare con l’età ma con una teoria fisiognomica di borsoni e risacche che l’aveva accompagnato fin dalla più tenera gioventù, il professor Roy scese al piano di sotto, dove la moglie Sheila gli aveva preparato la sua colazione preferita.. uova fritte, bacon, purea di patate e broccoli.. lo stesso cazzo di breakfast che Sheila gli preparava da più di quarant’anni, solitamente molto delizioso, ma non quella mattina che, illogicamente, non aveva sapore.. Non riuscendo a trovare empiricamente alcun dato sensibile che potesse convincerlo che effettivamente ci fosse qualcosa di diverso, che una variabile non autorizzata si fosse inserita in un sistema altrimenti inattaccabile, Roy, fedele alla scuola del positivismo empirico britannico, non se ne curò.. baciò sulla fronte la moglie e si diresse nel piccolo cortile d’ingresso a prendere la macchina.. Accesa una sigaretta e sintonizzata l’autoradio sul quarto canale della Bbc, placido e tranquillo si diresse al lavoro.. ma, una volta imboccata la svolta in fondo al viale, come per incanto si ritrovò nei paraggi di Melwood, sede del centro tecnico di allenamento del Liverpool FC.. Che cazzo ci faceva lì il professor Roy, quel gentiluomo bene educato alla maniera della vecchia working class britannica.. quell’uomo con quell’aria attonita, distaccata e trasognante tipica dell’intellettuale di Croydon?



..osservando di sbieco e senza troppa convinzione la segnaletica rosso fuoco che avvisava il viandante che a breve sarebbe entrato nella tana dei Reds, il professor Roy cominciò a ricordare di quando bambino visitò per la prima volta Liverpool.. e presto una serie di immagine sfocate e confuse prese il sopravvento sulla nitidezza di quella che chiamava realtà.. L’intera rosa della stagione 2010-2011 del Liverpool FC., visi noti come quelli di Torres e Gerrard, un’istantanea della curva Kop che cantava a squarciagola, si sovrapposero davanti ai suoi occhi sul quel quadro espressionista con le mostruose fattezze di Croydon che solo la più crudele delle divinità avrebbe potuto dipingere.. Il professor Roy si lasciò precipitare nel mondo del Sogno..



Sono i primi anni ‘60 ed un ragazzino di nome Roy nato a Croydon, un lurido sobborgo della deprivata South London, lontano anni luce dalla scintillante Swinging London raccontata dai rotocalchi, si presenta a Liverpool per sostenere un provino per i Blues dell’Everton, la squadra per cui tifava tutta la famiglia, gli acerrimi nemici dei Reds.. Lo accompagna, fiero e quasi commosso, il padre.. Tutto sembra procedere per il meglio ma ad un certo punto un’entrata assassina di un altro aspirante Toffees gli recide, oltre a tibia e perone, anche il sogno di una vita.. Tornato sconfitto nella nativa Croydon, la sua carriera da calciatore si avvia verso un più modesto approdo nelle giovanili del Crystal Palace, squadra locale che milita in Quarta Divisione.. Dopo una lunga trafila Roy non riesce ad esordire in prima squadra e da allora la sua carriera calcistica è un lungo e stanco peregrinare tra varie squadre amatoriali del sud dell’Inghilterra.. mai troppo lontane da Croydon.. il centro di gravità permanente di una vita.. Oramai giovane adulto, Roy consce Sheila e con lei va spesso al cinema Ritzy di Brixton, meno di mezz’ora in autobus da Croydon è il luogo che più si avvicina ad un qualcosa di umano ed ospitale in quell’immenso deserto di cemento destinato ad aspettare ad infinitum una riconversione al terziario che mai lo sfiorerà nemmeno.. A soli 24 anni e nel pieno della sua modesta carriera di calciatore, Roy diventa giocatore/manager prima al Maidstone United e poi al Carshalton Athletic.. Infine decide di smetterla con il calcio e, su consiglio di Sheila, si diploma come insegnate di educazione fisica.. Tra il 1972 ed il 1974 diventa ordinario di educazione fisica alla Alleyn's School e gli amici cominciano a chiamarlo professore, anche perché, passando sempre più tempo in quella stanza buia illuminata solamente da un fascio di luce a due passi da Croydon, il professor Roy comincia a porsi domande.. E’ a furia di fissare uno schermo su cui vengono proiettate una dopo l’altra una lunga serie di immagini fisse in un inganno continuo, la stasi che porta alla percezione del movimento, che Roy comincia a dubitare della realtà e ad interrogarsi sul concetto di finzione.. Gli anni sessanta sono gli anni in cui l’immagine tempo si trasforma in immagine movimento, in cui l’evento, l’accadere delle cose, assume una sua validità ontologica al di là della percezione umana dello spazio e del tempo..



La fenomenologia del reale lascia spazio alla fenomenologia degli affetti e per lo stesso motivo il professor Roy ritorna al suo primo amore, il calcio.. Così, all’improvviso, decide di abbandonare il mestiere di professore di educazione fisica e il fetido utero di Croydon per trasferirsi in Svezia, ad allenare una squadra senza né arte né parte come l’Halmstad.. Abbandonato oramai quello stucchevole razionalismo positivista in cui è cresciuto, che non riesce a spiegare la possibilità dell’esistenza di un posto maledettamente espressionista come Croydon, e attratto dall’amore per le opere del cineasta svedese Ingmar Bergman, da quel suo ostinarsi a dipingere in ogni scena l’impossibilità umana di essere in qualsiasi luogo, il professor Roy si trasferisce quindi ad Halmstad, patria tra gli altri dell’ex giocatore dell’Arsenal Freddy Ljungberg.. una cittadina fantasma dimenticata da dio e dagli uomini, dove si parla una lingua che a lui, unico spettatore, è assolutamente incomprensibile.. Qui, dopo avere visto al cinema Luci D’Inverno, realizza l’unico miracolo possibile nel momento della solitudine dell’uomo abbandonato da dio, al primo anno con l’Halmstad vince un incredibile scudetto, tre anni dopo fa il bis.. Anni dopo in un’intervista paragona questa esperienza alla trasformazione dell’acqua in vino.. Ma in quegli anni svedesi dio continua a non manifestarsi e Roy comincia a perdersi in una continua e vana ricerca dell’io.. Il professor Roy, spettatore di cinema e di calcio, si è messo in testa di cercare l’uomo, e per farlo deve tornare vicino a Croydon.. unico luogo di cui è ancora convinto di possedere certezza empirica della sua esistenza.. Croydon, fetido sobborgo né pre né post industriale del sud di Londra, culla dell’umanità e prescelta sede del Grande Tempio eretto dagli dei che custodisce la verità assoluta, quella dell’esistenza dell’uomo..



Il professor Roy accetta quindi l’offerta del Bristol City, poche ore di treno da Londra.. Ma come tutti i gentiluomini britannici in generale, e gli intellettuali di Croydon in particolare, Roy non capisce un cazzo di economia e non si accorge che il club è avviato al fallimento ed è in caduta libera dalla prima alla quarta serie.. Il Bristol City si assume la responsabilità della restaurazione Tatcheriana e, a immagine del crollo economico e sociale dell’intero paese, come il capro espiatorio condannato a vagare nel deserto comincia la sua discesa nelle serie inferiori del calcio britannico.. da dove non risalirà mai più.. E’ un vero peccato, perché Bristol e Croydon.. coi loro grigi e fatiscenti palazzoni popolari, con quell’archeologia postindustriale che labirintifica ogni via di fuga materiale o anche solo immaginaria.. sono molto simili.. Ma il professor Roy non lo capisce, pensa che quel crollo sia una contingenza non una manifestazione del declino assoluto a cui è condannato l’uomo e decide di emigrare di nuovo.. E così, con quell’aria di chi osserva la vita passargli accanto mentre le pone troppe domande e non ottiene nessuna risposta, decide di tornare nell’unico posto dove gli inverni sono più tetri e solitari di Croydon e di Bristol.. la Svezia.. Dopo un biennio all’Orebro, una squadra di pura fantasia come poteva esserlo solo la bergmaniana città di Uppsala, e dove l’etereo fantasma delle molteplici realtà possibili era afflitto dalla materialità dei sogni e delle fantasie e viceversa, Roy passa alla corazzata del Malmoe.. Qui in un film lungo cinque anni vince di tutto: coppe, coppette e campionati.. Il pubblico apprezza particolarmente l’episodio del settembre 1989, in cui viene fatta a pezzi l’Inter dei record del Trap al primo turno di Coppa Campioni (1-0 all’andata con gol di Lindman, 1-1 al ritorno a San Siro..) Per Roy è un periodo di sospensione tra realtà e finzione, in cui il pericolo incombente è che la prima sia il rifugio dall’insostenibile verità propugnata dalla seconda.. Alla fine del piano quinquennale la dirigenza del Malmoe è talmente entusiasta di questo gentleman post vittoriano con la faccia triste da intellettuale in gita che gli propone un contratto vitalizio.. ma incredibilmente il professor Roy rifiuta.. Sempre alla ricerca dell’uomo e di un luogo che lo possa contenere, dichiara: “Volevo provare l’ebbrezza di andare altrove, di muovermi.. cambiare luogo mi è sempre sembrato tremendamente eccitante..” E dove cazzo va a finire questo improbabile attraversatore del pensiero e dei luoghi, colui che un giorno se andò da Croydon fino in Svezia per cercare l’uomo nel tempo dell’assenza di dio? In Svizzera.. allo Neuchatel Xamas..



Senza volersi soffermare sull’uso delle parole “ebbrezza” ed “eccitante” riferite ad un viaggio in Svizzera.. (che nemmeno se fosse andato a trovare Albert Hofmann per un giro in bici in un acido giorno d’aprile..) forse il trasferimento nella patria di Godard avviene per amore nei confronti delle tarde opere dell’unico svizzero maoista mai esistito.. Corre l’anno 1990, il tempo ed il luogo in cui la dialettica dell’illuminismo tra capitalismo immaginario e socialismo reale abbatte la sua sintesi, costruita dall’uomo sotto forma di muro nel mezzo di Europa, e dichiara che la storia è finita.. E’ l’anno in cui Godard, con Allemagne 90 Neuf Zéro, lascia vagare alla deriva il solitario Lemmy Caution nelle macerie della poststoria alla ricerca di una guida suprema che, fosse dio o il segretario del Pcus, si manifesta solo tramite l’incapacità del uomo di relazionarsi con i suoi simili.. La Svizzera (ed Europa) come estremo nonluogo della solitudine, come luogo della definitiva perdita delle relazioni affettive umane, frammentate dall’incedere del Capitale.. E’ l’anno in cui Roy alla guida del Neuchatel riesce a battere 1-0 al Real Madrid nel terzo turno della Coppa Uefa 1991-92 (risultato poi ribaltato al Bernabeu due settimane dopo dai 4 gol di una Quinta del Buitre agli ultimi volteggi..) Corrono anni densi di cambiamenti storici, e tanto basta perché Roy assuma le redini della nazionale rossocrociata che guida ad un’incredibile cavalcata verso la qualificazione ad Usa 94 vincendo un girone che comprendeva Italia e Portogallo.. Contro l’Italia di un oramai già esaurito Sacchi, ultimo giapponese rimasto nella giungla cambogiana a difendere la dialettica materialista dell’intensitè applicata al lavoro dell’uomo sulla natura.. all’andata pareggia 2-2 (in vantaggio di 2-0 a 7 minuti dalla fine la Schweizer Nati fu raggiunta dalle reti di Roberto Baggio ed Eranio..) ed al ritorno a Berna riesce addirittura a vincere 1-0: rete del terzino destro Hottiger.. La definitiva sconfitta, ben prima del rigore di Baggio, del socialismo reale sacchiano e la sua sussunzione nei perversi meccanismi del capitale..



Dopo un buon mondiale (eliminati dalla Spagna negli ottavi) e un ottimo girone di qualificazione agli Europei del 96, il professore Roy decide di abbandonare quel luogo inospitale e di esplorare il Sud del mondo.. ed attraversata con la macchina la frontiera di Mendrisio si dirige verso quel cumulo instabile di nebbia e smog che i topografi si ostinano a chiamare Milano.. Alla corte nerazzurra di quell’ossimoro petroliere ecologista di sinistra.. che lo assume forse perché in un impeto di autolesionismo lo ricorda alla guida del Malmoe che quindici anni prima eliminò l’Inter, o forse per dare lavoro all’amico Mr. Flanaghan.. Roy decide di distaccarsi completamente dalle cose terrene per raggiungere la pace dei sensi, attraverso un processo di conoscenza interiore adeguato agli insegnamenti gnostici di scuola alessandrina.. Insomma, fa cagare.. Perde una finale di Coppa Uefa a San Siro ai rigori contro lo Schalke 04 ed avvalla la vendita di Roberto Carlos, attirandosi gli improperi di un giornalista altrimenti serio ed equilibrato come Maurizio Mosca.. E’ l’apoteosi della sconfitta.. Ma d’altronde sono gli anni in cui nelle sale cinematografiche milanesi imperano personaggi alla Salvatores, che celebrano con malcelato compiacimento la sconfitta del desiderio della loro e di tutte le altre generazioni, passate e future.. chiedendo all’alienata piccoloborghesia bottegaia di accogliere nel suo putrido ventre un nuovo sterile desiderio socialdemocratico che faccia delle piccole sconfitte quotidiane la sua ragione d’essere.. Una mortale richiesta di omologazione culturale su cui Godard aveva cercato, inascoltato, di lanciare l’allarme.. Un’atroce domanda di eutanasia culturale che era già stata generosamente accolta da uno scaltro produttore cinematografico e televisivo meneghino, che su quel narcotico sogno della nazione aveva costruito il suo immaginifico e barbarico impero.. Dopo il passaggio del professor Roy, il cinema e la vita a in Italia non saranno più gli stessi..

1 commento:

el señor dionigi ha detto...

Già questa prima parte è bellissima, non vedo l'ora di leggere la seconda. Roy Hogdson e Sofia Coppola?

Trovo fantastico il tuo utilizzo delle fotografie ad inizio paragrafo, come si usava nel roman noir francese dell'ottocento, in cui l'illustrazione, con tanto di didascalia, anticipava la narrazione della scena illustrata, gettando nello sconcerto e nell'eccitazione più pura la casalinga di Dijon...

ps "Perde una finale di Coppa Uefa a San Siro ai rigori contro lo Schalke 04": ma sai che io non ricordo nulla di tutto questo? Nulla.