lunedì 27 dicembre 2010

Se Una Notte D'Inverno Un Viaggiatore..


La menzogna non è nel discorso, è nelle cose,
Italo Calvino, Le Città Invisibili



Se una notte d’inverno un viaggiatore.. seduto su di uno sgabello, davanti al bancone del bar della stazione ferroviaria dove aspetta l’ultima coincidenza, si guardasse allo specchio e vedesse riflessa l’immagine di Marcus Bent, discreto cannoniere britannico, si renderebbe conto che il suo destino è viaggiare.. Sempre.. Marcus Bent ha infatti cambiato, con alterne fortune, 14 squadre in 15 anni di carriera.. Brentford, Crystal Palace, Port Vale, Sheffield United, Blackburn, Ipswich, Leicester City, Everton, Charlton, Wigan, Birmingham City, Middlesbrough, Queens Park Rangers, Wolverhampton.. Una serie di nomi da cui estirpare ogni significato possibile: calcistico, storico, geografico, geomantico.. Una serie di nomi e luoghi e squadre che possono fungere da traccia per una storia, una narrazione che le attraversi e le riutilizzi ai suoi e nostri ed altrui fini.. Un mantra gnostico che racchiude i significati della sua e della nostra storia, della sua e della nostra esistenza..

Aprendo un libro.. si è sicuramente condizionati dal titolo dello stesso.. Così come leggendo, o scrivendo, questo post.. Il titolo s’impone sul contenuto, non solo per il personaggio del Lettore, ma anche per quello dell’Autore: un titolo come Se una notte d'inverno un viaggiatore, inizialmente derivato dall’avere letto sul magazine Four Four Two un’intervista a Marcus Bent in cui lo si definiva un commesso viaggiatore del calcio, mi ha obbligato ad un post metanarrativo.. Altre volte, avevo in mente solo il titolo, come nel caso del recente post Nel Nome Di Dio.. Ho sempre pensato che mi sarebbe piaciuto scrivere un post intitolato così.. ho cercato un dio, che non fosse la solita, stucchevole, nostalgia del passato, ed ho trovato Carroll.. ho cercato i suoi progenitori, ed ho trovato Shearer e Gazza.. ho immaginato una ierogamia (andava bene anche come coppia di fatto, che tanto siamo moderni..) ed ho incontrato il matrimonio tra Alan e Paul: l’uno era Apollo, l’altro Dioniso.. il puer ce l’avevo.. è stato partorito il post..

Evita di leggere il titolo.. o di scriverlo, o anche solo di pensarlo.. ed il post (sia quello su Carroll sia questo che stai leggendo) assume un valore diverso, i riferimenti (letterari e non solo) diventano altri.. il significato muta, come è giusto che sia, per ogni Lettore e ad ogni lettura.. Se il titolo del post su Marcus Bent fosse stato L’unico calciatore che ha infilato più magliette che escort o Il giro dell’Inghilterra calcistica in 800 settimane (una più, una meno, tante quante ne ha vissute fino ad ora come calciatore..) ecco che avrei scritto qualcosa di completamente diverso ed il Lettore avrebbe letto un’altra storia.. Il titolo imprigiona.. Dopo esserci liberati della tirannia dell’autore, liberiamoci anche da quella del titolo.. ni dieu, ni maitre, né dio e né padrone.. Liberiamo l’energia immanente del desiderio che è comune all’Autore, al Lettore ed al Protagonista.. a ciascuno il suo significato.. O, parafrasando il sommo poeta di Treviri, che ciascuno vi legga il significato che può, che ciascuno vi apporti il significato che riesce.. Ed allora ecco che..

Un universo fantastico si spalanca innanzi.. Un mondo senza titoli.. dove verità e menzogna non siano più i poli opposti a cui tende lo scrivere dell’Autore né tantomeno il metro di giudizio del Lettore, ma due esercizi di stile complementari e contrapposti che non intendano dominare né prevalere, ma solamente accompagnare il viaggio della narrazione, della storia che si sta raccontando.. Un viaggio che comincia e finisce d’inverno, in una stazione ferroviaria, una notte.. Il Protagonista è sempre lui, Marcus Bent.. Uno che avendo girato tutta l’Inghilterra calcistica in 800 settimane potrebbe raccontarci infiniti aneddoti sulle serie maggiori e minori del calcio britannico.. Uno che nonostante abbia infilato più magliette che escort, non si è certo limitato nell’insinuarsi dentro queste ultime (ha infatti avuto due o tre strombazzate storie da prima pagina con alcune altrettante semifamose bambole di plastica che dominano gli sterili ed impotenti sogni della nazione..) C’è quindi un Protagonista, c’è la mappa, immensa ed incommensurabile e che copre l’intero territorio del calcio inglese e che da questo è coperta, c’è il calcio, ci sono i soldi e ci sono le donne.. Tutti gli ingredienti sono in ordine perché la narrazione li impasti, li mescoli ed infine li distilli nelle molteplici ed infinite possibili storie che questi ingredienti possono offrire.. Ed allora ascoltiamoli, senza fretta e con buona predisposizione d’animo, questi racconti..

Qualcosa di inaspettato, di completamente diverso.. qualsiasi cosa può uscire dalla mescolanza di questi ingredienti.. racconti che si formano grazie all’intrecciarsi rizomatico delle esperienze personali del Protagonista, dei luoghi, degli Autori e dei Lettori di una delle infinite e molteplici storie che si vanno via via raccontando.. Grazie alla narrazione che ne fa Four Four Two, possiamo per esempio apprendere che il Protagonista spesso ha rinunciato alla carriera per i soldi.. ed invece che rimanere in una squadra dove stava facendo bene, ha preferito cambiare, e migrare verso altri lidi dove lo stipendio era più allettante.. e che lo rimpiange.. Ed in lui troveremo il mito antico e moderno del Protagonista come prodotto del calcio dello spettacolo, figlio delle stelle e pronipote di sua maestà il denaro.. Apprenderemo anche come queste relazioni amorose da prima pagina abbiano interferito in senso peggiorativo con la sua carriera di calciatore.. gli abbiano appiccicato la nomea di donnaiolo e scansafatiche che ha rovinato più di una carriera.. ma che questo non lo rimpiange.. perché erano storie serie e lui in realtà si è sempre comportato da professionista.. Ed in lui troveremo il mito antico e moderno del Protagonista come prodotto della società dello spettacolo.. l’essere umano come merce la cui vita viene prodotta e consumata nonostante la sua esistenza, le cui relazioni affettive sono immaginarie, come immaginarie sono le relazioni del capitale nelle transazioni finanziarie..

Qualcosa di meraviglioso e di inquietante al tempo stesso.. A proposito della storia di Marcus Bent, discreto cannoniere britannico e commesso viaggiatore del calcio inglese, scriveremo e leggeremo la storia archetipica di un idolo che si scopre umano, fragile ed irrequieto.. che ci riconcilia, a noi Autori e Lettori, con l’antropomorfismo del divino, invocato a nostra umana immagine e somiglianza.. Ed allora il mito non si sgretola, non è più necessario che venga sacrificato sull’altare delle nostre umane miserie.. o meglio, il sacrificio del divino (il calciatore, l’idolo delle folle, il destinatario delle nostre liturgie domenicali e la materia prima delle nostre eucarestie quotidiane..) avviene attraverso la sua sostituzione con l’umano.. Un sacrificio che è processo di sostituzione: di assorbimeto e fagocitazione da parte del fedele nei confronti del divino.. che è presente non solo nella storia quotidiana delle religioni, ovvero del rapporto del fedele con il suo inconscio represso, ma anche nella storia quotidiana della letteratura: dove il Lettore, prima o poi, prende il sopravvento sul protagonista (e sull’Autore).. e lo mangia.. come facevano i popoli cannibali dell’Amazzonia, per poterne assorbire la forza e cagarne poi via, insieme alla merda, le scorie nocive ed il resto..

Perché è falso.. il divino.. Ed allora deve essere falso anche l’umano.. Il divino, il deus ex machina della storia e di tutte e quante le narrazioni, non esiste.. Non è né il Protagonista, né l’Autore, né tantomeno il Lettore, ma una casuale ed assurda combinazione di affetti che si instaura tra questi ed altri ingredienti in un momento ben definito dello spazio tempo, prima e dopo sarebbe stato diverso, altrove differente.. Ce lo raccontano le possibili storie che si sarebbero potute scrivere su Marcus Bent, discreto cannoniere britannico e commesso viaggiatore del calcio inglese.. Ce lo racconta lo stesso Protagonista in un’altra storia, quella di Four Four Two, a proposito di quando giocava nell’Everton con l’allora giovane talento e suo omonimo Darren Bent.. E di come tutti cominciarono a chiamarlo Darren Bent, e i giovani tifosi gli chiedevano autografi pretendendo che li firmasse Darren Bent.. e di come lui non riuscì più riconoscersi, ed arrivò al punto che, guardandosi allo specchio, non distinse più la sua immagine.. trasfigurata in quella dell’altro.. Un nuovo protagonista che non era lui, era un falso che non solo andava a sostituirsi a lui, ma che gli spalancava davanti gli occhi il più terribile dei segreti.. che solo a pochi è concesso sapere e che a nessuno è consentito rivelare.. Niente è vero, niente esiste.. Tutto è falso.. Ed è così che Marcus Bent lo confessa nella sua intervista a Four Four Two “Avevo lavorato duramente, fatto una fatica pazzesca durante la mia lunga carriera, per avere un nome.. quello di Marcus Bent.. ed improvvisamente, da un giorno all’altro lo avevo perduto.. Ero diventato un Darren Bent..” Perché l’ultimo reazionario baluardo di resistenza della realtà e della verità è quello del nome.. che è facile immaginare come reale e perché limitato, e finito.. ed invece senza nome ecco che tutto diventa improvvisamente falso, perché illimitato ed infinito..

E senza fine.. potrebbe essere anche questo post metanarrativo su Marcus Bent.. ed allora l’unico modo di concluderlo è quello di attribuirgli un parziale significato, fingerlo vero per un attimo, limitarne le molteplici ed infinite possibilità, ridurlo anche solo per un istante ad un qualcosa di senso compiuto.. confidando sul fatto che invece, letta l’ultima parola, la sua narrazione si rigeneri all’infinito in altre molteplici storie.. Se il Lettore non ha ancora abbandonato la lettura, potrà scegliere tra gli innumerevoli significati e verità e titoli e possibilità che ha trovato, seguito, perso, ritrovato e poi magari smarrito del tutto nel corso della lettura.. l’Autore, dal canto suo, si limita a proporre l’opzione di un post che sia omaggio a Marcus Bent, discreto cannoniere britannico e commesso viaggiatore del calcio inglese, ed ad Italo Calvino, maestro della narrazione.. E’ a loro che si è pensato scrivendo il contenuto di questo post, che recita come un mantra: Brentford, Crystal Palace, Port Vale, Sheffield United, Blackburn, Ipswich, Leicester City, Everton, Charlton, Wigan, Birmingham City, Middlesbrough, Queens Park Rangers, Wolverhampton.. E’ a loro che si è pensato anche scrivendo il titolo di questo post, che recita: Se una notte d’inverno un viaggiatore.. Aprendo un libro.. Evita di leggere il titolo.. Un universo fantastico si spalanca innanzi.. Qualcosa di inaspettato, di completamente diverso.. Qualcosa di meraviglioso e di inquietante al tempo stesso.. Perché è falso.. E senza fine..

venerdì 10 dicembre 2010

Citazioni dalle Opere Calcistiche del presidente Mao Zedong


DEL CALCIO


Il calcio è magia, liberato dalla menzogna della verità.

Best, G., Al Minimo Immorale, 1951


Il calcio è l’eterna gioia del divenire.

Cruyff, J., Il Crepuscolo dei Trequartisti, 1888


La partita di calcio è infinita: ossia consiste di infinite azioni, ciascuna delle quali esprime un'eterna ed infinita essenza.

Garrincha, Etica, Parte Prima: Sul Pallone, 1677


Il desiderio è l’essenza del calcio (o viceversa…)

Garrincha, Etica, Parte Terza: Sull’Origine e la Natura del Dribbling, 1677


Il calcio è schiavo delle passioni.

Maradona, D., A., Trattato Sulla Natura del Calciatore, Parte Seconda: La Passione, 1737


Il calcio totale è un tutto di differenti parti, ma che non le totalizza, è una unità di tutte queste parti, che non le unifica e chi si aggiunge ad esse come una nuova parte composta a parte…

Michels, R., e Sacchi, A., L’Anti Herrera: Marcatura a Zona e Schizofrenia, 1972


Il calcio è qualcosa che va oltrepassato.

Cruyff, J. Così Parlò Rinus Michels, 1883


DEL CALCIO MODERNO


Il calcio moderno è capitale accumulato fino a divenire immagine

Messi, L., La Società del Calcio Spettacolo, 1967


Il feticismo della merce si sublima nello stadio, dove il mondo reale è rimpiazzato da una serie di immagini che sono proiettate al suo interno e che vengono percepite come reali.

Messi, L. La Società del Calcio Spettacolo, 1967


Lo stadio è presentato come luogo immaginario per farci credere che sia reale, mentre sono le strade ed i quartieri che lo circondano a non essere più reali e ad appertenere esclusivamente alla dimensione della simulazione

Ronaldo, C., Simulacri e Simulazioni (Nell’Area di Rigore), 1981


La relazione tra soldi e desiderio è l’unica condizione di esistenza del calcio moderno e della posizione dello spettatore rispetto ad esso.

Gascoigne, P., George Best: Immagine, Soldi e Politica, 1980


Non è il tifoso ad esprimere i suoi bisogni, ma il sistema economico ad imporli a lui (…) Il tifoso non è nulla se non un soggetto pensato in termini economici (…) L’intera storia della coscienza e della morale del tifoso non è altro che la sua storia politica ed economica.

Cassano, A., Critica Alla Politica Economica del Tifoso, 1972