venerdì 13 maggio 2011

L'Orizzonte Degli Eventi Della FA Cup

Il buco nero ci ha ingoiati e siamo stati risucchiati / in un’altra dimensione nella quale siamo circondati / dalle pulci gigantesche provenienti dal futuro / che non amano la luce preferiscono l’oscuro..

Elio e le Storie Tese, Supermassiccio


L’orizzonte degli eventi è.. oltre che uno dei più bei film italiani del terzo millennio, una storia di fisici nucleari e pastori macedoni, sopra e sotto, dentro e fuori, al di qua e al di là del Gran Sasso.. un confine che si può attraversare una volta sola.. In astrofisica l’orizzonte degli eventi è una specie di forza di attrazione di un corpo (il buco nero) dalla quale si può fuggire solo superando la velocità della luce.. nella vulgata generale diventa quindi quella frontiera superata la quale non si riesce a rientrare perché si viene inghiottiti dal nulla.. è il punto di non ritorno.. Nel calcio, l’orizzonte degli eventi, è la tattica di gioco applicata dalle squadre che l’italico e gagliardo giornalismo sportivo d’altri tempi avrebbe definito “femmine”.. Squadre che si siedono nella propria metà campo aspettando l’avversario, attraendolo nel proprio campo gravitazionale, imprigionandolo e poi colpendo con rapidi e fulminei contropiedi.. Normalmente si pensa che possano essere due le condizioni necessarie e funzionali all’osservazione di tale fenomeno in un campo di calcio.. la prima è una questione di stile, un formalismo dovuto a preferenza estetica, la seconda si fa normalmente derivare da una strategia consapevole di ampio respiro impostata sulla massimizzazione delle proprie forze, solitamente inferiori all’avversario.. In realtà, con un involontario sconfinamento nel materialismo dialettico, già quell’italico, gagliardo e sessuofobico giornalismo sportivo d’altri tempi aveva riconosciuto nel gioco basato sulla difesa ad oltranza ed il contropiede una pura e semplice necessità materiale..


Fu l’impareggiabile, in ogni senso, Gianni Brera, altrimenti detto Gioanbrerafucarlo, a coniare la figura retorica della squadra “femmina” così come a sostenere la necessità materiale del popolo italiano, povero, debole e malnutrito, a giocare di astuzia e di rimessa contro nazioni che, data la loro ricchezza strutturale economica e la conseguente maggior prestanza fisica, ci sovrastavano agonisticamente.. In quell’epoca premoderna del calcio in cui si sfidavano le concezioni tattiche del Metodo e del Sistema fu uno svizzero, Rappan, ad arretrare un centrocampista in difesa costituendo il verrou, o righello, creando quello che più avanti sarebbe stato reinventato dal calcio italiano come catenaccio.. nel senso che si chiudeva a chiave la propria porta.. Fu Gipo Viani che alla Salernitana superò la linea aristotelica ed orizzontale del righello in favore di una disposizione platonica e verticale in cui un difensore veniva ulteriormente arretrato dietro i tre stopper nel ruolo che poi Brera chiamò di libero.. Il passaggio dal progressismo (elitario) aristotelico al conservatorismo (repubblicano) platonico fu il passo fondamentale per tracciare sul prato verde un orizzonte degli eventi al limite dell’area.. superato il quale la squadra avversaria veniva inghiottita in un buco nero per poi, secondo il dizionario calcistico in voga al tempo, essere “uccellata” in contropiede tramite una “penetrazione” verticale volta a “infilare” il gol della vittoria per 1-0.. Il calcio ed il popolo italiano impararono a fare di necessità virtù e, machiavellicamente, svilupparono il contenuto catenaccio in varie e diverse forme di arte povera e con il Milan di Rocco e la Grande Inter di Herrera riuscirono a trasformarlo nella vincente riscossa dell’italiano brutto, sporco e cattivo che aveva perso la guerra..


Né la splendida scuola leninista dell’Urss, che prevedeva un’egemonia ideologica a tutto campo, né i trozkisti slavi del caos organizzato e nemmeno gli hippies Olandesi della fantasia al potere riuscirono a farci cambiare idea.. e negli anni ’80 con il catenaccio raggiungemmo l’apice andando a vincere un Campionato del Mondo.. superando non solo le altre scuole europee ma anche i danzatori sufi, e mai stufi di correre dietro al pallone, delle Americhe Latine.. Fu, a suo modo, il nostro orizzonte degli eventi.. il punto di non ritorno.. Dopo quel mondiale arrivarono i Sacchi e gli Zeman e il calcio italiano uscì dalla sua dimensione autistica da finto povero ninomanfrediano aprendosi ai venti della globalizzazione e del calcio totale a tutto campo.. O almeno, fino ad un certo punto.. perché le diseguaglianze socioeconomiche nella poststoria non sono sparite, né sono state minimamente attenuate, anzi, e anche perché una certa sovrastruttura culturale è rimasta ben radicata nei figli di quell’Italia..


Da una parte quell’idea di calcio difensivo fu infatti adottata anche fuori dall’Italia da quelle squadre piccole, di mentalità utilitaristica plebea e piccoloborghese, per cui il risultato era il fine ultimo.. Fu così che anche negli altri campionati europei molte squadrette candidate alla retrocessione impostavano la loro tattica sull’attesa.. difesa e contropiede.. si puntava allo zero a zero e ogni tanto si riusciva a portare a casa anche il risultato pieno.. Ogni paese aveva i suoi modi di produzione e ogni campionato nazionale adottava quindi la sua variante del catenaccio.. In Inghilterra, dove si ragiona con i piedi anche fuori dagli stadi, si cominciò ad attuare quindi la tattica del campanile.. Forti di una genetica supremazia fisica nei confronti dei latini, di una totale mancanza di gusto estetico e di un agonismo fuori dal comune, la working class calcistica britannica, con rare eccezioni, impostava la partita su una difesa arcigna dove si cercava la supremazia corporea nel duello individuale, seguita dal lancio in avanti a casaccio con palla alta, a campanile appunto, dove la prestanza fisica del centrocampista gli permetteva di recuperare per primo quel pallone che scendeva dal cielo e di rimetterlo, sempre ad altitudini spropositate, al centro dell’area.. qui il centravanti spilungone incornava a rete.. Dall’altra parte, nonostante le ventate di modernità sacchiane, ancora oggi il tecnico italiano, soprattutto in Europa, è portato ad impostare una partita di puro contenimento.. Per non parlare dell’italiano all’estero, figura mitologica di cui sono recentemente entrati a fare parte anche gli allenatori di calcio..


Esempio della prima scuola calcistica è lo Stoke City.. Una delle squadre più antiche di Inghilterra, e la più famosa a non avere mai vinto un campionato, i Potters sono tornati in auge in questi ultimi anni grazie al tecnico Tony Pulis.. Modesto giocatore nelle serie minori e raffinato stratega (è stato il tecnico più giovane ad ottenere il patentino UEFA, all’età di 21 anni) Pulis è da tre anni che riesce a mantenere i Potters in Premier League grazie all’anticalcio per eccellenza.. Guardare una partita dello Stoke è come martellarsi sui coglioni per novanta minuti.. un’esperienza che solo l’amore può portarti a compiere.. Difesa bloccata e cattivissima in cui giocano praticamente quattro difensori centrali ed immobili capitanati dal macellaio Shawcross.. centrocampo di corsa e di fatica in cui si lotta e non si sa cosa voglia dire governare.. ali come Delap, Etherington e Pennant che corrono come dei pazzi in attacco e soprattutto in difesa.. e un attaccante come Kewaine Jones la cui funzione è essere il primo difensore.. Poi un bestione a scelta tra Fuller, Carew, Sidibe o Walters.. C’era una volta Tuncay, talentuoso ed indolente trequartista turco, ma a gennaio è stato rifilato al Wolfsburg per manifesta indisciplina, bassa funzionalità e sospette simpatie trozkiste che avrebbero spiegato quel suo atteggiamento decadente e borghese.. Assistere ad una partita dello Stoke è come guardare una partita di ping pong su un tavolo immenso.. la palla è sempre in aria, sembra non possa rimbalzare per terra più di una volta ad azione, pena la morte, e viene colpita con forza e direzione verso la porta avversaria.. sempre in verticale, mai un passaggio in orizzontale.. Unica variazione sul tema le rimesse laterali di Rory Delap.. un passato come giavellottista, l’esterno angloirlandese si è reso famoso per la capacità di effettuare cross tesi e precisi per l’inzuccata dell’attaccante, o del difensore centrale, di turno non con i piedi ma con le mani.. anche dalla trequarti..


Esempio della seconda scuola calcistica, quella degli italiani emigrati all’estero con la valigia di cartone piena di pasta e di sugo di pomodoro, è Roberto Mancini.. Considerato a ragione all’inizio del nuovo millennio come l’esponente di quella nouvelle vague italica di allenatori figli di Sacchi più che pronipoti di Viani, e quindi propenso ad un calcio arioso ed offensivo, non appena sbarcato nella perfida Albione il Mancio ha improvvisamente riscoperto le sue antiche radici.. Ha (ri)proposto un calcio antico basato su una difesa ferma ed impermeabile, due centrocampisti come Barry e De Jong a protezione della retroguardia, due ali a cui è richiesto di rientrare con costanza e l’invenzione di un mediano come trequartista.. Il marchio di fabbrica del City manciniano è infatti l’utilizzo di Yaya Tourè.. il cosiddetto centromediano metodista che per anni si è piazzato davanti alla difesa a fermare gli avversari, spazzare palloni e, al massimo, fare ripartire l’azione.. come grimaldello dietro le punte.. Un’idea a suo modo geniale quella di dare forza e fisicità alla squadra nella trequarti avversaria piazzando lì il giocatore atleticamente più potente, un’idea talmente vincente che Massimo Allegri l’ha beatamente copiata trasformando a metà campionato il mediano ghanese Boateng in trequartista per andare a vincere lo scudetto.. un’idea però conservativa, che toglie spazio ad un giocatore di talento (Silva, Johnson, Balotelli, Tevez), lascia isolata l’unica punta ed arretra il baricentro della squadra di una ventina di metri.. Il City è una squadra fondamentalmente noiosa, che lascia l’iniziativa all’avversario, che subisce poco (seconda miglior difesa della Premier dopo, ca va sans dire, il Chelsea dell’altro italians Ancelotti) e segna ancora meno.. Memorabile lo 0-0 casalingo contro il derelitto Birmingham in cui a cinque minuti dalla fine Mancini decide di togliere l’unica punta, Tevez, per inserire l’ennesimo centrocampista, Barry, a difesa del risultato.. nel disgusto dei suoi stessi tifosi che hanno iniziato a sfotterlo..


Manchester City e Stoke City.. due squadre che fanno di quella linea di confine tra materia conosciuta e sconosciuta, tra universo e buco nero, tra la trappola difensiva per gli avversari e imprigionamento del sé, il loro marchio di fabbrica.. Manchester City e Stoke City.. due squadre che si affronteranno domani nella finale di FA Cup.. In gioco, la capacità di evadere dall’orizzonte degli eventi.. in gioco, l’esistenza della Fa Cup stessa, che rischia di non trovare una velocità di fuga pari alla velocità della luce e rimanere per sempre imprigionata nel un buco nero dell’antimateria dei soldi delle televisioni.. La più antica competizione calcistica europea, nata 140 anni fa, aveva infatti poche idee, ma non confuse, che la rendono tuttora splendida.. Vi partecipano le squadre delle quattro serie professionistiche e le qualificate dai preliminari tra le squadre dei vari campionati regionali amatoriali.. le squadre si scontrano tramite il sorteggio integrale, così come è sorteggiato il campo in cui si disputa la partita.. in caso di parità si va alla ripetizione della partita sul campo di chi ha giocato la prima in trasferta.. Queste regole hanno permesso di vedere quest’anno al terzo turno (quello dove entrano in gioco le squadre della prima divisione) la sfida tra Livepool e Manchester da una parte e quella tra Torquay e Carlisle dall’altra.. una vera democrazia del pallone.. Grazie al sorteggio integrale e a quello del campo era anche possibile assistere alla vittoria di una squadra semiprofessionista o addirittura amatoriale nei confronti di squadre di Premier.. Poteva nascere la leggenda dell’Altrincham F.C., squadra della periferia di Manchester che non ha mai disputato un campionato professionistico ma per ben 16 volte ha eliminato una squadra di professionisti, o dei Blyth Spartans, altra squadra amatoriale che nel 1978 ha raggiunto i quarti di finale della competizione..


Ma l’orizzonte degli eventi del capitale, quel confine composto dal feticismo della merce dietro cui tutto scompare e non ritorna, sotto forma di diritti televisivi farà in modo che queste regole cambieranno.. Dai prossimi anni la finale verrà spostata dalle 3 pomeridiane alle 5,15 e potrebbe non essere più giocata il sabato, levata di scudi dei puristi.. ma fin qui tutto bene.. la tradizione (con la t maiuscola o minuscola) è fatta per essere superata, se non rasa al suolo, anche perché non esiste.. Diverso è che verrà abolita la ripetizione della partita, a favore dei rigori dopo il 90’, e che, soprattutto, verranno inserite nel tabellone le teste di serie che non potranno più scontrarsi tra loro.. addio minnows e addio giant killers, addio Chasetown e addio Yeovil Town.. addio alla cavalcata del Crawley Town, i Red Devils del Sussex che quest’anno sono arrivati a giocare il quinto turno ad Old Trafford contro i Red Devils più famosi, quelli di Manchester.. Quella di domani è probabilmente l’ultima finale che si disputerà nell’universo della Fa Cup per come lo conosciamo noi.. poi, superato l’orizzonte degli eventi del capitale, non si potrà più tornare indietro.. Curioso che a giocarsela saranno squadre come il Manchester City e lo Stoke City che fanno dell’orizzonte degli eventi del buco nero difensivo che ingloba l’avversario il loro modus operandi (astro)fisico.. Per fortuna, come ha immaginato Stephen Hawking, anche il buco nero probabilmente emette energia.. in realtà è una teoria puramente utopica e non dimostrabile, la cui conclusione è però che il buco nero emetterebbe energia fino a svuotare completamente la massa di cui è composto e a scomparire per evaporazione della propria materia.. La FA Cup potrà dunque essere salvata non tanto da squadre come Stoke e Man City, che mai raggiungeranno una bellezza estetica di velocità superiore a quella della luce che permetterà loro di fuggire, ma dall’evaporazione del buco nero del capitale e dalla sua scomparsa definitiva.. Nonostante le due squadre che giocheranno domani a Wembley, dall’orizzonte degli eventi della Fa Cup c’è ancora una possibilità di fuga..

2 commenti:

Nesat Gulunoglu ha detto...

Sono anni che sogno di vedere la stessa formula della FA cup in Italia...e ora la FA CUP cerca di diventare squallida come la nostra coppa Italia?......ho sempre sognato di vedere una Juventus in coppa.. costretta al replay dall Igea Virtus...e un ritorno a Barcellona Pozzo di Gotto in un gremito Carlo Stagno d' Alcontres......

LO Stoke è una squadraccia....apprezzo il loro tifo...e l'atmosfera del Britannia...ma quando guardi i Potters il tempo sembra non passare mai....se non fosse per le rimesse di Delap e la pettinatura di Jones forse non riuscirei a guardare più di 5 minuti di partita..calcolando anche la presenza di uno scandalo del calcio di nome Robert Huth....

Per quel che riguarda il City..che dire...sono di parte.....Fa impressione vedere Mancini un calciatore un tempo spettacolare e fantasioso...rinchiudere il City,in schemi antichi,triti e ritriti, pur avendo grande qualità. Però c'è da dire che ha funzionato...perchè senza quella tattica accorta...il derby in semifinale non lo vinci...Mancini osa quando può...come in finale quando sostituisce Barry con Adam Jonhson sullo 0 a 0...altrimenti si limita a svolgere il suo compitino.....

ah caro Zio i Blyth Spartans sono già nella storia..anche senza FA CUP...visto che sono una delle tante squadre ad aver dato asilo al grande Ali Dia......

loziodiholloway ha detto...

diciamo che mancini osa quando deve.. che se al 90’ era ancora 0-0 con lo stoke non sarebbe uscito vivo da wembley.. a sua discolpa si può dire che la squadra con hughes (da giocatore non certo spettacolare né fantasioso.. ma pure lui attaccante) giocava ancora peggio..

però in due anni un’impronta più offensiva poteva anche darla.. e aggiungo.. senza timore di esagerare.. se quest’anno avesse osato un tanticchia di più, alla fine si portava a a casa quei punticini che gli avrebbero fatto vincere la premier..

se in un mondo parallelo ci sarà mai un replay di coppa italia con la juve che gioca a barcellona pozzo di gotto, per non perdermela vengo a farmi il viaggio in pulman con te.. anche perché in quell’igea virtus sarà sicuramente in campo un cugino di weah..